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Disobedience (2017)

Ronit, figlia del rabbino capo della comunità ebraico ortodossa di Londra, torna da New York, dove vive da lungo tempo, nella capitale britannica per i funerali del genitore. Qui ritrova Dovid, studioso della Torah, ed Esti di cui era amica e scopre che i due ora si sono sposati. Tra Ronit ed Esti c'era stata un'attrazione che un tempo aveva creato turbamento nella comunità e che ora rischia di tornare ad accendersi.
Sebastian Lelio continua la sua appassionata indagine sulla femminilità e sui pregiudizi che ancora ne condizionano la libera espressione.
Dopo il ritratto, al contempo tenero e drammatico, della cinquantenne Gloria e lo sguardo partecipe sulla condizione socio affettiva della trans Marina in Una donna fantastica si avvale ora del romanzo di Naomi Alderman e della collaborazione alla sceneggiatura di Rebecca Lenkiewicz.

Ciò che rende il suo cinema maschile e femminile insieme come intensità di sguardo è la sua straordinaria capacità di scegliere delle protagoniste in grado di sostenere fino in fondo ciò che lo script richiede loro. In questo caso siamo di fronte a Rachel Weisz e a Rachel McAdams (la prima anche coproduttrice) che danno vita a due personaggi analizzati nel profondo. Il che non esclude dalla valutazione positiva il Dovid di Alessandro Nivola. Perché questa di fatto è una storia a tre che richiede da parte dello spettatore una particolare attenzione all'omelia che il padre di Ronit tiene all'inizio del film.

È attorno ad essa che ruoterà una vicenda che viene ambientata nella comunità ebraico-ortodossa londinese ma che ha in realtà una valenza universale. Ritualità e dinamiche proprie dell'ebraismo vengono descritte con accuratezza ma ciò che a Lelio interessa non è l'ennesima denuncia dell'ortodossia di stampo religioso. O, meglio, ci si occupa anche di questo tema ma si guarda oltre.

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